Rimborso anche per gli interventi senza bisturi
(di Mauro Pizzin – Quotidiano del Diritto)
L’indennizzo per chi si opera all’estero non può essere negato dall’assicuratore perché sono state utilizzate tecniche non invasive: nella voce interventi chirurgici vanno, infatti, ritenuti ricompresi anche quelli ormai eseguibili senza il tradizionale bisturi.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 17020/15, depositata ieri, relativa ad una controversia tra un avvocato in possesso di una polizza stipulata nel 2001 tramite la Cassa nazionale forense e una compagnia assicurativa in merito all’indennizzo delle spese mediche sopportate in occasioni di vari interventi chirurgici ai quali l’uomo si era sottoposto all’estero fra il 2002 e il 2005. Accolta in primo grado la richiesta del legale dal Tribunale di Verona, la sentenza era stata poi ribaltata dalla Corte d’appello di Venezia, secondo cui gli interventi oggetto di discussione non rientravano nelle prestazioni chirurgiche assicurate ai sensi della polizza.
Per la Cassazione, a cui l’avvocato si era infine rivolto, quella d’appello è stata«una sentenza nella quale alla carenza logico-motivazionale si associa la plurima violazione dei criteri legali di interpretazione del contratto». Sul primo fronte, una volta chiarito che la copertura assicurativa concerneva gli interventi effettuati, in appello si sarebbe «dovuta prendere in considerazione l’ipotesi che tale copertura valesse anche qualora questi interventi fossero stati eseguiti con tecniche più avanzate ed appropriate di quella chirurgica tradizionale». In materia d’interpretazione del contratto, invece, l’indagine effettiva non avrebbe dovuto limitarsi «al senso letterale delle parole», ma «considerare anche le finalità concretamente perseguite dalle parti» e che «le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro».